sabato 5 marzo 2011

The dark side of the love


Vero Bastardo
Racconti brevi

The dark side of the love

(Liberamente tratto da una storia vera)


Si era persa!
Aveva perso tutti i suoi punti di riferimento! Porca puttana! Proprio ora!
Girava a vuoto senza seguire nessuna logica precisa ed era sola.
Ogni tanto aveva la sensazione di esserci già passata, in quel dato posto, di aver già sentito quell’odore, di aver già visto quella luce, le pareva proprio di girare sempre in tondo.
Era da un po’ di tempo che vagava da sola, ci si era trovata senza rendersene conto: stava passeggiando col suo compagno, quando si era distratta un attimo e….puff… lui era sparito.
Non che gliene fregasse più che tanto, l’aveva conosciuto da poco, ma in questa situazione la sua presenza sarebbe stata comunque un aiuto.
Ora il problema non era trovare la strada di casa, non ce l’aveva nemmeno una casa,
ora il problema era trovare un posto dove stare tranquilla, la vita che le cresceva dentro scalpitava in modo strano, come se ci fosse qualcosa che non andasse come doveva.
Non era il suo primo parto, la sua progenie era numerosa, ma si sentiva emozionata come una primipara
ed aveva paura.
Finalmente trovò una sistemazione: il luogo era perfetto allo scopo, il letto a disposizione era comodo,
da fuori nessuno non avrebbe visto ne sentito cosa succedeva dentro e non faceva ne troppo freddo
ne troppo caldo.
Si distese sul morbido ed attese che arrivasse il momento.
Le doglie cominciarono a scandire il tempo, arrivarono le contrazioni, prima solitarie, isolate, poi a gruppetti, poi ritmiche, poi ravvicinate, sempre di più….. ogni 10 minuti…..ogni 5………… ogni minuto….
Sangue!!!... Dolore!!!....Ma non era il solito dolore, c’era qualcosa di strano, la solita gioia che leniva le sofferenze era svanita, non si sentiva più protetta dal buonumore, era stranamente esposta senza difese alle lacerazioni della carne; ecco cosa non quadrava: sembrava che l’essere cresciuto nelle sue viscere non fosse più interessato a venire al mondo, non collaborava.
Il motivo era che era già morto, aveva ormai rinunciato all’avventura terrena.
Ci mise un po’ a capirlo, più che altro non voleva crederci… ma come?? Tutto quel tempo per arrivare a questo punto? A cosa era servito allora stare attenta, riguardarsi, mangiare bene, fare esercizio se la vita che aveva dentro non voleva sbocciare? Ora il frutto di tutti quegli sforzi giaceva li, davanti a lei….immobile, con gli occhi chiusi e la serietà di chi si trova davanti alle verità della vita stampata in volto.
Guardava il corpo esanime con amarezza, era troppo stanca per essere davvero triste, lasciava che le sensazioni le passassero sopra senza che rimanesse nessun segno nella mente e nell’umore.
Provò ancora un paio di volte a scuotere il piccolo ammasso di carne, senza troppa convinzione però,
solo così, giusto per dire di averci provato un’ultima volta, e si allontanò da sola col passo lento di chi ha un pesante fardello invisibilmente legato all’anima.
Camminava senza meta, seguiva solo la sottile traccia del suo dolore, cercava inconsciamente di riempire il vuoto nero che le si era creato dentro, sapeva che non era possibile, ma sperava di fottere la sorte e di farla franca alla faccia della sfiga.
In questo stato d’animo …….. LO VIDE!!!!!
Era solo, indifeso, adagiato sotto una frasca, quasi nascosto alla vista dei viandanti.
Si guardava attorno con lo smarrimento di chi si trova in un posto sconosciuto e non capisce un cazzo di quello che gli sta succedendo. Era nato da poco, anzi sembrava proprio appena nato, aveva la stessa età di quello che avrebbe dovuto esser suo figlio.
Uno strano pensiero si infiltrò nella sua mente: era lui il figlio che doveva nascere dalla sua pancia, solo per sbaglio era nato da un’altra femmina, la natura aveva però messo a posto le cose, come al solito alla sua maniera, un po’ cruda e sempre irreversibile.
Probabilmente sua madre era morta, succedeva spesso in quella regione del mondo, la guerra costante che caratterizzava la vita di quei posti non aveva pietà di nessuno, figuriamoci degli indifesi.
Fisicamente si notava che faceva parte della fazione opposta alla sua, normalmente l’avrebbe aggredito ed anche ucciso, non per cattiveria, solo perché in guerra non agire spesso vuol dire morire.
Ora però il suo dolore le faceva vedere tutto in un modo strano, diverso, i colori e le forme non avevano più il valore di prima, persino gli odori, da sempre guida dei suoi passi, erano svaniti in una nuvola indistinta di sensazioni. Si guardò attorno, scrutando attentamente con gli occhi che non ci fosse nessuno a vedere quella scena assurda, altrimenti avrebbe potuto esser testimone della follia che il dolore le stava facendo compiere; si allungò verso la creatura, sentì il suo respiro affannoso, provò una sensazione d’amore e di protezione che non aveva mai sentito nemmeno per i suoi figli e decise che da quel momento sarebbe stata lei la mamma di quel fagottino fatto di occhi grandi, tenerezza e fragilità….
Avrebbe difeso la sua vita, gli avrebbe insegnato lei a cavarsela in questo mondo impietoso, si sarebbe presa cura dei suoi bisogni, per sempre, come solo un vero genitore sa fare.
Non era certo facile!!! Quelli dell’altra fazione, avversaria della sua, avevano abitudini e alimenti che lei non conosceva nemmeno, non sapeva che cosa usassero mangiare i genitori della creatura, la guerra infinita non aveva mai permesso lo scambio d’informazioni tra gli elementi delle due popolazioni, singolarmente gli individui non si conoscevano, non condividevano nulla, i linguaggi erano diversi, le abitudini anche e lei non aveva visto gli altri che come avversari.
Comunque non si dava per vinta: provava e riprovava a nutrire l’esserino, ma ogni volta lui girava la faccia disgustato e non mangiava, diventando sempre più debole. Era disperata come solo una mamma che vede morire suo figlio sa essere, in quella situazione avrebbe dato la sua vita per risolvere il problema ma non sapeva che cazzo fare.
L’occasione per dimostrare il suo amore capitò poco tempo dopo: il suo compagno, quello che vigliaccamente era sparito proprio quando lei aveva più bisogno di lui, ricomparve miracolosamente nel suo campo visivo, sgusciando come un fantasma silenzioso da dietro un angolo di pietra….
Era tornato tutto baldanzoso, probabilmente pensava di trovare con lei anche il figlio di cui era padre. Si accorse subito che qualcosa non quadrava: quello che giaceva con la sua compagna non poteva essere suo figlio: non gli assomigliava per niente!!! Anzi, assomigliava in maniera inequivocabile a quelle che erano state da sempre le vittime delle sue cruente scorribande: lui era un combattente, fiero e forte, aveva un’ottima reputazione tra il suo popolo, era rispettato perché coraggioso e generoso, ma non era così generoso da non uccidere gli elementi contro i quali era in lotta ed il suo istinto da guerriero gli fece subito prendere la posizione che anticipava un attacco.
Lei se ne accorse ancora prima di lui, aveva cercato immediatamente di mandargli dei segnali chiari: non rompere i coglioni, non avvicinarti, non provare a far del male o solo a toccare il mio protetto, la mia furia sarà incontenibile, ti ammazzo se solo ti avvicini troppo. Lui questi segnali li aveva notati, ma dentro di se pensava che lei era troppo inferiore per poter permettersi di dettar legge, egli la sovrastava fisicamente, la forza fisica di quella femmina non era minimamente paragonabile alla potenza che lui sapeva tirar fuori nella lotta. Ciò nonostante lei non mollava quell’atteggiamento di sfida.
Quasi non ci credeva: ma come!…..Lei, la sua compagna, una dei migliori rappresentanti del suo popolo, aveva adottato il figlio degli avversari?? Ed ora osava anche sfidarlo, incurante che ciò l’avrebbe sicuramente condotta alla morte ??
La violenza prese il posto dello stupore e lui attaccò, senza nessuna pietà cercò immediatamente di lacerare le carni del piccolissimo essere, non guardò nemmeno in faccia quella che fino a pochi istanti prima era la sua compagna.
Non fece caso alla compagna, ma non fece nemmeno caso alla ferocia che lei seppe mettere in gioco in pochi secondi: grave errore!!
In battaglia, per restare incolumi, bisogna capire al volo tutte le situazioni, prendere tutte le precauzioni del caso all’istante, senza tentennamenti: non capire vuol dire sempre morire.
Quella volta gli andò di culo, nonostante si fosse fatto sorprendere dalla forza che una madre tira fuori per difendere la vita del figlio, riuscì grazie alla sua esperienza di guerriero a limitare i danni, fuggendo sconvolto dal dolore che lei gli aveva inflitto, non senza aver colpito gravemente e profondamente
la sua ex compagna.
Lei non se ne era nemmeno accorta, di esser stata ferita, aveva continuato nella lotta finchè lui non aveva dovuto fuggire per non esser sopraffatto.
Solo dopo, quando era tornata vicino al suo figliolo, si era sentita un po’ male, il sangue che le sgorgava dalla ferita le aveva indicato inevitabilmente l’avvicinarsi della morte.
Aveva paura: non per sé, aveva paura di lasciare solo suo figlio, di lasciarlo alla mercè della crudeltà della vita. Cercò di spostarsi, aveva una sete bestiale, doveva trovare dell’acqua, si mosse verso una zona in cui sapeva ci fosse dell’acqua bevibile….
Quando si avvicinò al liquido che da la vita, si vide riflessa come in uno specchio, e capì: il suo fiero muso di leonessa era diversissimo dal musetto di quel cucciolo di antilope che aveva al suo fianco, aveva adottato il figlio del suo cibo preferito….
Questo pensiero le attraversò la mente proprio mentre esalava l’ultimo respiro, ma tutti giurarono che la sua non era una smorfia di dolore, stava morendo, ma sembrava proprio che si sbellicasse dalle risate.

Vero bastardo

TS 26/02/2011

Il riferimento da cui ho preso lo spunto per scrivere questo racconto breve è la vera storia, accaduta nel 2001, di una leonessa e di un cucciolo di antilope della specie chiamata “orice”, che vivevano nella riserva nazionale di Samburu in Kenya. Il nome del felino era Kamuniak (colei che è benedetta). Nella realtà la leonessa era sterile, rapì il cucciolo ma permise alla madre naturale di allattarlo difendendoli dal resto del branco. La singolare adozione durò solo due settimane, sino alla tragica fine del piccolo orice, divorato da un leone del branco quando Kamuniak dovette necessariamente dormire. Sentendo queste storie viene da chiedersi: ma dov’è che noi uomini siamo migliori degli animali???

Nessun commento:

Posta un commento